La prima a vomitare è stata la giapponese.
Eravamo da qualche parte persi nella nebbia tra gli isolotti attorno a Henningsvaer quando è successo – che ci facevamo lì? – ma a pesca di merluzzi ovviamente.
Alle Lofoten si pesca il merluzzo nelle acque profonde del Vestfjord – cosa vuoi che sia – dice mio fratello, l’esperto, che va a trote nei laghetti di pesca sportiva, e così eccoci all’imbarco per uno dei famosi fishing trip.
Sulla locandina una ragazza mostra radiosa un grosso merluzzo: durante l’escursione potrete catturare “cod, pollock, haddock, redfish, mackerel, catfish, monkfish, flounder, and sometimes halibut”. Cosa sono di preciso non interessa, sono pesci e tanto basta, ma c’è di più: “spesso si vedono aquile di mare, edredoni e cormorani e, se siamo fortunati, potrete vedere balene, focene, squali elefante e foche”.
Perfetto, un solo dubbio – ma con tutta sta roba perché hanno messo in fondo al pontile la sagoma di legno di un pescatore con un merluzzo in mano, quella dove metti dentro la testa e ti fai fotografare?
Il battello è di legno, dieci metri circa, panciuto, tutto bianco e verde, sembra un vero battello da pesca, la ciurma è costituita da due fratelli sulla trentina.
Uno è il comandante/macchinista/marinaio – è un vero pescatore – ci assicura l’altro, il public relation man/assistenza clienti/factotum, mentre ci spiega come indossare la tutona nera e rossa sopra la maglietta, la pile, la giacca a vento e il berretto di lana.
È una lotta impari che l’inglese un po’ su di peso non può vincere senza l’aiuto robusto di moglie e factotum. Va chiusa bene altrimenti non tiene a galla quando si cade in mare ma non preoccupatevi c’è anche questo giubbotto che va gonfiato tirando questa cordicella e c’è il fischietto per chiamare i soccorsi – e già mi vedo sui relitti del Titanic con Rose che fischietta mentre io scompaio sott’acqua…
I due inglesi sulla sessantina sembrano pescatori professionisti: lui e lei hanno canna personale e cassetta tecnica, come esche pesciolini di plastica bianca con svolazzi rossi.
Per tutti gli altri, cioè noi, la coppia giapponese giovane e carina e la coppia norvegese, lui serio lei mezza hippy, attrezzatura standard: la mia ha come esca una specie di pesce stecchito di metallo lungo 20 cm, pesantissimo! E che, devo pescare balene?
L’acqua nel porto di Henningsvaer è piatta e scura come il cielo ma appena fuori si comincia a ballare allegramente nella nebbia scesa improvvisa; addio a aquile di mare, edredoni e cormorani.
Quindici minuti di sguardi preoccupati – siamo arrivati – dice il capitano, giù le lenze al riparo di un paio di isolotti e dopo cinque minuti il giapponese prende un merluzzo, saran 50 centimetri, allora è vero, ci sono!
Foto di coppia, lui serio, lei sorriso tirato. Venti minuti di attesa, si sente solo lo sciabordio delle onde sugli scogli e il pluf delle lenze in acqua.
Il capitano rimette in moto, andrà meglio al prossimo posto. Onde cattive, si balla di brutto, la nebbia è diventata pioggerella gelida, il factotum/animatore racconta di quella volta che col nonno hanno proprio riempito il battello e hanno impiegato due giorni a metterli a seccare i merluzzi, la giapponese vomita.
Stop al riparo di un altro isolotto, l’inglese a sinistra bofonchia qualcosa, pare abbia attaccato un pesce, mio fratello a dritta guarda sorpreso la sua canna che si piega, è grosso! Tira l’inglese, tira l’italiano, impreca l’inglese, esulta l’italiano che recupera il terminale con pesciolino di plastica bianca e svolazzi rossi a cui è attaccato un merluzzo, il VAR non chiarisce la situazione, niente foto.
E di nuovo venti minuti di attesa, si sente solo lo sciabordio sinistro delle onde sugli scogli; l’inglese che continua a bofonchiare e il pluf stanco delle lenze in acqua, il capitano rimette in moto, andrà meglio al prossimo posto.
Folate di nebbia, spray gelido sugli occhiali, a ogni rollio entra acqua dalle fiancate, il factotum/animatore racconta di quella volta che il nonno ha riempito talmente tanto la barca di merluzzi che arrivato al pontile è affondata, mio fratello vomita.
Sosta davanti al faro che segnala il gruppo di scogli a metà strada tra Henningsvaer e Skrova: – vedo pesci – dice il capitano/radarista – profondità 25 metri – quanti sono 25 metri di lenza? E’ il momento del norvegese, un merluzzo anche questo sul mezzo metro, e poi di nuovo il giapponese che tira su un non-merluzzo di almeno 70 centimetri, wow! Foto, lui sorridente, lei cadaverica.
Facciamo un ultimo tentativo sulla via del ritorno – dice il comandante, nessuno ha il coraggio di protestare. Il factotum/novelliere racconta di quella volta che il nonno è rimasto impigliato nella gomena dopo aver arpionato una balena – ma anche adesso andate a caccia balene? – chiedo ondeggiando – sì ma per tenerle sotto controllo perché sono diventate troppe – risponde lui serio – le balene si controllavano benissimo da sole prima che si cominciasse a cacciarle – sorrisetto sornione, la norvegese vomita ma poco.
Qualche tentativo stanco da parte del giapponese, l’inglese lancia ostinato un altro pesciolino bianco e rosso, sua moglie è da un po’ che guarda nel vuoto in attesa del fato, tutti guardiamo imploranti il capitano – OK torniamo.
A Henningsvaer i magazzini sono pieni di stoccafisso, noi ci siamo dimenticati di fare le foto con la sagoma del pescatore sul pontile ma mio fratello – se vengono in Italia gli faccio vedere io come si pescano le trote nel laghetto!
Cresciuto, tanti anni fa, sui romanzi di Kipling, Salgari e Verne, ho ritrovato l’anno scorso su un mio quaderno delle elementari un tema che descriveva un fantastico viaggio in piroga su un fiume nel cuore della giungla indiana. È da lì che evidentemente è nato il mio amore per le culture del sudest asiatico, l’India in primis, e per i fiumi lontani e le foreste oscure a partire dalla mitica Amazzonia.
Come al solito le avventure di Luigi son sempre entusiasmanti e soprattutto lui sa renderle sempre molto originali e simpatiche. Grande Luigi
grazie per gli apprezzamenti.