Una risorsa ambientalistica di grande suggestione quella che si erge sulle località della Riviera di Ponente fra Arenzano e Varazze, il Parco del Beigua.
Sentieri che si snodano a pochi passi dal mare per salire fino ai 1200 metri di altitudine, in mezzo a boschi di faggi e castagni e a una vegetazione variegata densa di profumi e di sfumature policrome.
Il massiccio del Beigua è un’area protetta, diventata recentemente Parco naturale regionale e che per questo meriterebbe una maggiore attenzione da parte delle amministrazioni locali troppo incentrate sulle attività balneari più appetibili dal turismo di massa.
Ciò che manca sono in effetti dei servizi di trasporti pubblici, almeno nei periodi di punta o giorni festivi che consentano di raggiungere una media altezza per poi dedicarsi alla pratica dell’escursionismo nei luoghi degni di interesse ambientalistico.
Il percorso per il Monte Beigua
Prendiamo una delle poche corriere che da Varazze portano fino all’ultima località del percorso, denominata Le Faje. Il toponimo di questo termine è connesso al latino faggio oppure dal genovese antico “fate”, legato a qualche tradizione locale. Il sentiero sale nel bosco fino a una casa “La Preisa”a 570 m per passare dinanzi ad un’edicola votiva, una delle tante che incontreremo nel corso della giornata e che attestano il grande senso di devozione delle comunità arcaiche.
Incontriamo una strada lastricata, fiancheggiata da grandi faggi e poi salendo proseguiamo su una panoramica dorsale dalla quale s’intravvede l’azzurra superficie marina.
Suggestive le chiazze fucsia di erica disseminate sul ripido tappeto erboso nei pressi del Monte Cavalli e fra boschetti di pino silvestre, alzando lo sguardo vediamo i tralicci dei ripetitori televisivi del Beigua.
Dopo circa tre ore di cammino arriviamo sulla cima dove si trova il rifugio omonimo, a quota 1286, davanti al quale stazionano automobili, tende da campo di un recente raduno alpino e qualche sofisticata bicicletta di eroici ciclisti.
Circa mezzora di pausa per l’agognato spuntino a base di focaccia tipica per poi perlustrare i dintorni: la bianca chiesetta con il tetto a punta su una distesa verde pianeggiante.
Decidiamo di scendere sul versante che porta ad Alpicella verso la Ceresa per un tratto di mulattiera lastricato, la Strada “megalitica”con un recinto semicircolare con lastroni conficcati nel terreno, al centro un blocco di pietra rozzamente squadrato, orientato verso la cima del Monte Greppino, vetta che fin dall’antichità era nota per la sua caratteristica di attirare i fulmini, un probabile luogo di culto.
A metà della nostra discesa incontriamo nel bosco, alberi caduti che ci sbarrano la strada costringendo a faticosi slalom ma che ci fanno perdere la via segnata perché uno dei segni indicatori era poco visibile su una roccetta nel terreno.
Percorriamo inutilmente un tratto di sentiero che non porta da nessuna parte per poi decidere di tornare indietro mentre si fatica a contenere un senso di claustrofobia e di smarrimento, anche all’idea di perdere l’ultima corriere disponibile ad Apicella.
Sollievo alla vista del rosso tratto indicatore della retta via che percorriamo per altre tre ore prima di arrivare ad alcuni agglomerati di case e poi alla piazzetta della frazioncina per prendere il mezzo che ci riporterà a Varazze.
Una giornata davvero unica fra mare e monti, assaporando i deliziosi profumi di una natura incontaminata, a pochi passi dal cielo.
Oltre alla passione per la scrittura, un modo per “viaggiare” con le parole nelle molteplici sfaccettature della realtà, mi piace dedicarmi al trekking e al cicloturismo. Ho iniziato a viaggiare a quattro mesi, quando i miei genitori si sono trasferiti dal sud a Milano per motivi di lavoro, ripetendo lo stesso percorso, ogni anno, fino alla maggiore età. Ho visitato molti stati europei organizzando meticolosamente il viaggio e documentandolo grazie alla mia inseparabile macchina fotografica.