Sono state molteplici le suggestioni offerte nel corso della XVI edizione del Congresso “Identità golose” svoltosi a Milano, che quest’anno ha dato vita alla prima edizione della rassegna “Identità di montagna”.
Tanti gli chef chiamati a fornire una propria testimonianza relativamente al proprio modo di interpretare l’alta cucina in strutture ricettive montane. Stefano Ghetta, nel suo ristorante ubicato in una piccola frazione sopra Vigo di Fassa, che da due anni è annoverato nell’astro Michelin, porta avanti un’idea gastronomica basata sul binomio tradizione e innovazione che esalta le materie prime del territorio.
Ne è prova la sua Polenta nel bosco, che prepara lasciando appesa tra gli alberi la farina per un paio di settimane in sacchi di iuta, per poi cuocerla in un originale infuso di erbe e muschi.
Alessandro Gilmozzi, nel suo ristorante di Cavalese, utilizza da un paio di decenni, materie prime inusuali, come i licheni, reinterpretando le antiche ricette che hanno perso il loro richiamo, con il sapore dell’affumicatura e delle erbe dei boschi. Come nel caso dello speck fatto da lui o del burro di malga al ginepro, utilizzando: cotture a bassa temperatura, il fumo in maniera creativa e l’accostamento primordiale di fuoco, legna, carne, come insegnano alcuni chef della Scandinavia.
Trovarsi a Bormio non sembrava il destino di Antonio Borruso, nato nel 1979 in una famiglia di ristoratori napoletani,egli si accorge ben presto di non voler rimanere confinato in una realtà locale.
Nel 2007 mentre sta lavorando a Lugano, viene a sapere che cercano un cuoco per l’inverno in un’elegante stube in legno d’abete all’Aprica, tra Valcamonica e Valtellina, accetta pensando di rimanerci per qualche mese, ma ci resta invece per sette anni, conquistando un’ambìta stella Michelin. Cinque anni dopo diviene chef-gestore di un ristorante a Bormio, esperienza che ritiene stimolante sia pure con le difficoltà legate ad un locale fuori mano e con flussi turistici stagionali. Afferma di attingere molto dalle due tradizioni valtellinesi e campane, ricavando elementi innovativi come nel caso dei suoi due piatti più celebri il Pizzocchero sferico e l’Esplosione di ragù partenopeo.
Ai piedi del Gran Sasso, a circa dieci chilometri da L’Aquila. Sul magico dorso d’Oriente dell’Appennino, ad Anella frazione di Camarda, si fa largo la nuova cucina di Nadia Moscardi, la chef ha calcato le orme di sua madre Elodia, che ha dato il nome al proprio ristorante. Il piatto presentato a “Identità 2015” è stato un minestrone ricchissimo con verdure invernali e le prime specialità estive, scarti di carne e rimasugli di pasta presenti in dispensa, esaltando la classica virtù della parsimonia. La cuoca abruzzese si è avvalsa di una stratificazione di colori e di una valorizzazione di risorse che caratterizzano l’identità del suo territorio: i fagioli bianchi di Paganica, le lenticchie di Santo Stefano di Sassanio e i ceci di Navelli, senza dimenticarsi che ci si trova nella zona d’origine dello zafferano.
Ritornando fra le Alpi, in Alta Val Badia, il St.Hubertus è il regno dello chef Norbert Niederkofler, un sud tirolese della Valle Aurina che si mette in evidenza non tanto per la conoscenza delle materie prime quanto per le tecniche utilizzate. Quattro suoi piatti ammalianti sono: Trancio saltato di foie gras con créme brulée alla mela e balsamico, Risotto al pino mugo con faraona affumicata, Piccione di Bresse e animelle glassate, Agnello della Val Badia al Forno. Queste leccornie rientrano nella filosofia del Cook the mountain. Si tratta di un grande progetto di valorizzazione della gastronomia montana con tutto il suo indotto, una rete che unisce chef, agricoltori, allevatori, alpinisti, sociologi e imprenditori delle regioni montane di tutto il mondo. Farà il suo debutto a Expo 2015 dedicando spazio al tema: meta, territorio e montagna.
Non rimane che essere grati agli organizzatori di questa preziosa rassegna di “alta” cucina, poiché assaggiando queste prelibatezze pare di assaporare il profumo della vegetazione alpina e di perdersi fra specchi lacustri, su speroni puntuti di roccia, alla ricerca di suggestioni di paradisiaco stupore.
Oltre alla passione per la scrittura, un modo per “viaggiare” con le parole nelle molteplici sfaccettature della realtà, mi piace dedicarmi al trekking e al cicloturismo. Ho iniziato a viaggiare a quattro mesi, quando i miei genitori si sono trasferiti dal sud a Milano per motivi di lavoro, ripetendo lo stesso percorso, ogni anno, fino alla maggiore età. Ho visitato molti stati europei organizzando meticolosamente il viaggio e documentandolo grazie alla mia inseparabile macchina fotografica.