Un passato diverso? Di solito guardo pochissimo al passato perché spesso mi confonde su quello che sta accadendo nel presente. Ma l’antichità di Roma, che ancora si vede chiaramente ergersi accanto alla sua contemporaneità, non è solo una attraente meta per turisti.
Ho come l’impressione che tra i resti del suo glorioso passato, nasconda qualcosa che non è andato perduto tra la gente che abita l’immensa metropoli dai tanti risvolti. Certo, pare che non esista più la genetica di chi abitava Roma nei suoi anni gloriosi imperiali quando la città era capitale dei due mondi. Le invasioni dei Goti, dei bizantini e dei Longobardi poi hanno spazzato via l’aristocrazia Romana di quel tempo, unico baluardo rimasto a difendere ciò che scorreva nel sangue di Patrizi e Plebei. E’ un fatto ormai che il globo sia meraviglioso proprio perché ospita varia umanità e il mescolarsi fa parte anche di un naturale processo di sopravvivenza. Tutto ciò che fu di quella Roma dal preponderante impero sembra rimasto nei suoi ruderi di una bellezza infinita.
Ma sarà davvero così?
La visita alla Roma Imperiale è un evento da organizzare nel dettaglio per poter ripercorrere al meglio ciò che si vedeva a quel tempo e senza ricorrere in sbavature temporali.
Pur sapendo che non vedremo tutto ciò che l’antica Roma offre, pianifichiamo l’intera giornata partendo dal Colosseo, ci sposteremo ai fori per dirigerci, in una specie di semicerchio, verso il Circo Massimo. Il tutto senza prendere mezzi pubblici, se non la metro per raggiungere il Colosseo, e con l’idea di fermarci a pranzo in un ristorante in zona. Se il sole ci lascerà ancora uno scampolo del suo calore e della sua luce, raggiungeremo anche la Piramide di Caio Cestio, tomba posta in prossimità dell’estremo sud del centro storico.
Come al solito ci fermiamo innanzitutto a far colazione al solito bar che da accesso ad una larga via di passaggio pedonale e dal quale anche stamattina posso avere l’occasione di vedere Roma che è già sveglia e in un affollatissimo moto perpetuo.
Il Colosseo
Scollatici dalle sedie del bar ci dirigiamo verso la metro linea A, sempre alla fermata OTTAVIANO. La più prossima a noi. Scendiamo a TERMINI e ci spostiamo, sempre nei sotterranei, verso la linea B, quella che ha la fermata proprio davanti al nostro primo obiettivo. Il Colosseo.
Osservo moltitudini di sguardi salire e scendere dalle porte scorrevoli di questo mondo illuminato solo da luci al neon e un senso di tristezza mi pervade. Forse capisco perché non ho ancora visto nessuno sorridere in mezzo a tutto questo cemento, è come se da un tratto mi mancassero gli alberi, i fiori, gli uccelli. E’ come se mi fosse venuta meno la vita. Non potrei immaginare di spostarmi in metropolitana tutti i giorni per lavoro. Come credo invece tocchi a molti abitanti di questa immensa città.
Quando usciamo all’aperto, è come se respirassi nuovamente. L’ampio vuoto che c’è attorno al Colosseo, riequilibra gli spazi stretti del mezzo di trasporto usato per arrivarci. E’ il momento di immergerci nella storia magistrale di Roma. E’ ancora presto e non c’è una grossa fila all’entrata del monumento. In pochi minuti abbiamo fatto il biglietto e siamo dentro ad ammirare lo spettacolo nello spettacolo. Girando attorno a ciò che rimane di quella che fu la pavimentazione dove gladiatori e leoni si esibivano in feroci battaglie, si possono ancora facilmente immaginare le centinaia di uomini seduti sugli spalti a fare il tifo per l’eroe di turno.
Ancor più suggestiva però è la veduta di quello che si trova sotto alla pavimentazione ormai in parte crollata. Cunicoli stretti e gabbie di pietra, mostrano la realtà di quali antri oscuri si celavano agli occhi degli spettatori. Un mondo buio fatto apposta per alimentare l’ansietà di chi sarebbe dovuto salire da lì a breve a dar mostra del suo coraggio.
Solamente dopo aver visto questo anfiteatro, che è il più grande del mondo, si capiscono i sogni di imponenza che avevano gli imperatori ma anche il loro senso di delizia per la brutalità. In esso infatti venivano rappresentate battaglie mitologiche, spettacoli fra gladiatori, leoni e schiavi che spesso finivano con la morte. Un gusto tragico dello spettacolo che io non riesco a farmi piacere.
Ma i tempi sono cambiati e con essi anche molto della coscienza umana e, fortunatamente in questi tempi moderni, il Colosseo è considerato solamente per la sua bellezza architettonica. Sopravvissuta anche alla scarsa sensibilità di chi, fino al XVIII secolo, cominciò ad usarlo come cava per materiali per costruire parte di quello che è Roma oggi.
La solitudine di arrangiarsi
Cerco qualche romano nei paraggi della costruzione ma trovo solamente turisti e persone di colore che vogliono venderci braccialetti. Con fare spigliato, uno di questi riesce a mettere al polso dei nostri figli due braccialetti di caucciù. Respingiamo l’offerta, ben consci che si tratti di marketing indesiderato, ma lui insiste adducendo scuse. Ci chiede da dove veniamo e, non appena pronunciamo il nome della nostra città, vedo i suoi occhi illuminarsi. Lui viene proprio dalle spiagge di quella costa.
E’ stato là per alcuni mesi, poi, un decreto governativo che ha vietato la vendita di oggetti presso gli stabilimenti balneari, lo ha costretto ad emigrare a Roma. Sicuramente come lui, anche altri avranno fatto quel percorso e rimango deluso da come ci siano tante persone costrette ad arrangiarsi come possono per sopravvivere. So che la questione immigrati e lavori abusivi è molto complicata ma più che incolpare qualcuno, mi viene da riflettere su come si possa gestire una situazione del genere. Con grandi sorrisi e con un certo tatto, riesco a chiedergli se sia regolare o clandestino. Che sia vero o meno, afferma di essere nella legalità. Gli domando allora come si trovi nel nostro paese e il suo sguardo si fa cupo. Con una smorfia quasi di dolore, mi confida di trovarsi male. Non vorrebbe fare questo lavoro ma è quello in cui si ritrova insieme ad altri per cercare di guadagnare quel tanto che basta per far sopravvivere anche la sua famiglia. Il paese poi non aiuta perché ha già poco da dare agli italiani.
Gli domando perché non sia andato all’estero e mi risponde che, almeno a quanto ne sa, solo in Italia non c’è ancora un limite all’ingresso di immigrati e chiunque parta per il mare da una qualsiasi costa africana, sa che ci sono altissime probabilità che il natante lo porti in acque Italiane e da lì non è così facile andare da un’altra parte.
Credo proprio che sia lui, come immigrato, che io, come italiano, ci stiamo ritrovando in una situazione più grande di noi stessi e di difficile gestione a causa di interessi che non sono più alla base del rapporto uomo con uomo, ma che stanno nascosti tra chi fa affari sulla pelle di questa umanità. Vorrei dilungarmi ancora con questo tizio ma temo che, disperato come sembra, se lo facessi tenterebbe di vendermi ogni cosa che si trova nel suo contenitore di legno. La famiglia ed io ci allontaniamo da quest’uomo di colore lasciandogli qualche moneta per i braccialetti e lui ci ringrazia. Lo lasciamo la, immerso nel sole cocente di Roma a tentare la fortuna con qualcun altro. Fino a che anche per lui questo giorno sarà finito. Lo vediamo sparire tra la folla, senza averlo potuto aiutare veramente, se non nella sua illusione che la giornata sia cominciata bene.
Allontanandomi dal Colosseo, mi rendo conto che siamo tutti attorniati da tanta gente ma in molti, dentro, ci sentiamo persone sole. Ognuno troppo intento a soddisfare i propri bisogni e le proprie necessità impellenti per poter davvero provare empatia per l’altro. Era così anche per questi Romani vissuti ormai più di venti secoli fa? Perché in fondo tutto nasce da come si vedono le cose e finché vedremo nell’altro un nemico o un mezzo per il nostro personale vivere, mai potremo vivere serenamente l’uno con l’altro. Forse tutte le guerre interne ed esterne degli antichi Romani avrebbero potuto trovare una soluzione ancor prima di nascere.
Siamo esseri umani prima di tutto, prima di ogni altro giudizio e troppo spesso ce ne dimentichiamo.
Fori Romani
Con un senso di amarezza nel petto, seguo la famiglia verso la prossima destinazione. Ma ci sono tante altre questioni irrisolte in questo aspetto che riguarda fughe da povertà, guerre e cambiamenti climatici. Questioni che sono state trascurate e adesso si sono raggruppate e ingrandite. La speranza di noi quattro turisti è che non si trovino come soluzione all’immigrazione ne la violenza, ne tantomeno l’intolleranza. Con l’amarezza nel petto ci dirigiamo verso la nostra prossima destinazione. Il Foro Romano e i Fori Imperiali.
Il primo costituito dai resti di quegli edifici e monumenti di epoche succedutesi in maniera similare e centro politico, giuridico, religioso ed economico della civiltà romana. Il secondo, invece, più un luogo di ostentazione costituito da una serie di piazze monumentali edificate tra il 46 a.C. e il 113 d.C. da parte degli imperatori.
Abbiamo comprato un biglietto che comprende la visita ad ognuno dei resti dell’antica Roma che pensiamo di riuscire ad osservare oggi, per cui, almeno per questa volta, riusciamo a saltare una fila per i Fori Romani che è già abbastanza nutrita.
Così come il Colosseo, anche la parte popolare della gloria di Roma, venne abbandonata a se stessa nel periodo pre-medioevale e, sepolta dalla terra formatasi nel corso dei secoli, fu destinata a pascolo bovino fino al XVI secolo. Riscoperta e valorizzata, ora anche noi possiamo ammirare parte di ciò che formava la veduta di Roma Caput Mundi.
Una volta entrati, si incontrano tantissimi edifici che furono il fulcro della vita dei cittadini di quel tempo. Piazze dove si tenevano i comizi popolari, il palazzo del Senato, le basiliche, i templi, gli oratori, i Rostri dove i giudici tenevano le loro orazioni, i portici e le piazze dei mercati, gli archi trionfali dedicati agli imperatori e persino qualche abitazione. Tutto non più nella sua interezza ma pur sempre di grande fascino storico e di inimmaginabile impatto visivo. La Roma di allora sembrava già una metropoli di piccole dimensioni con le sue costruzioni che riempivano ogni spazio e poi si aprivano su grandi piazze. Quasi nulla resta della Cloaca Maxima, l’antica fogna della città imperiale, se non il suo sbocco presso il Ponte Palatino.
Colle Palatino
Dal Foro, saliamo proprio verso il colle Palatino, dove la leggenda vuole che Roma si originò lassù. Grazie alla sua posizione, dalla quale era possibile controllare il Tevere, si dice che si insediarono le prime costruzioni che poi divennero il punto di partenza per l’espansione della città. Divenuto luogo di culto, dovette attendere l’arrivo dell’Imperatore Augusto che lo valorizzò facendo di tutto il colle la sua residenza.
I resti della sua abitazione si trovano all’angolo sud-ovest della collina. Visitare ciò che ne resta è un tuffo nello sfarzo di quella civiltà. Tutt’attorno si trovano piccoli scorci di ciò che furono antichi stadi, abitazioni imperiali, santuari e templi. La Roma ricca che sovrastava quella popolare. Tante furono le storie che si avvicendarono in queste due parti, secoli fa, proprio davanti ai nostri occhi, esattamente nello stesso luogo dove ci troviamo noi ora. Ripercorrere quelle storie e poi guardare cosa ne resta, è forse il primo dei segni di cosa intendessero gli antichi Romani con la parola Immortalitatis. E cioè che, alla fine, ciò che rimane di noi esseri umani con il passare del tempo, non è ciò che siamo stati e nemmeno ciò che abbiamo costituito, ma rimane solo quella ideologia che ha cambiato il corso degli avvenimenti.
Su questo rifletto mentre mi accorgo che la razza a cui appartengo, troppo spesso ha avuto, e possiede ancora, ideologie che hanno influenzato negativamente il mondo stesso. Siamo davvero irrecuperabilmente destinati ad essere il sale che scioglie ogni cosa, disfacendola? I troppi turisti e l’assenza dei cittadini in questo luogo destinato esclusivamente ai primi, non mi permette di entrare nell’argomento. L’unica cosa che risalta davvero su questo colle è il fatto che la natura si sia ripresa gli spazi abbandonati dall’uomo. Tutto qui, secoli dopo l’Impero, è un tappeto verde immerso tra arbusti e alberi. Tangibile segno che l’antropologia umana può influire sulla vita modificandola, ma solo temporaneamente e, se in maniera irresponsabile, solo a suo discapito.
Imperialismi passati e moderni
Appena ad un passo dai Fori Romani, ci sono quelli Imperiali che, in realtà, non sono altro che un insieme di piazze che gli imperatori vollero costruire e dedicare a se stessi con la presenza di alcuni templi dedicati agli dei Pagani, l’antico culto della civiltà Romana. L’imperatore Traiano ci fece costruire anche una colonna dedicata alla conquista della Dacia (regione che comprendeva l’attuale Romania e parte della Moldavia) e un esteso complesso di edifici da adibire a mercato. Quel che è ancora visibile ai giorni nostri è molto suggestivo ma a me colpisce particolarmente il Tempio della Pace. Una grande piazza fatta costruire da Vespasiano in seguito alla conquista di Gerusalemme. Un luogo a forma di quadrilatero nel quale si trovava un piccolo tempio eretto in nome di una pace avvenuta da una conquista. Davanti a questa costruzione mi chiedo se fosse davvero solo questo il significato che davano gli Imperatori a questa parola. fare la guerra ad altri per vivere in pace con se stessi.
Qui in Europa ci vollero le immani tragedie psicologiche e materiali di due guerre mondiali, per capire quanto avessimo bisogno di vivere senza ucciderci e quanto fosse necessaria una pace perpetua. Eppure non saremo mai in pace finché ci sarà anche solo un essere umano che penserà alla guerra. Mi chiedo se il sogno Europeo è davvero servito a questo, oppure, come mi sembra ormai sempre più evidente, è nato sotto altre celate velleità? Riscopro tante similitudini tra l’essere umano di oggi e quello di allora.
Un gruppo di ragazzi fermi con i loro scooter ai bordi di una strada, incontrati non appena lasciamo la storia di Roma e torniamo alla modernità, sembra l’occasione per tentare di assaggiare le sensazioni degli abitanti sull’Europa. Con una scusa li avvicino e porto il discorso su Bruxelles e il suo parlamento e sulle guerre appoggiate da esso nel corso di questi ultimi anni. L’idea che questi giovani mi lasciano è di una profonda delusione e sfiducia nei confronti di questa istituzione che vive scollegata di bisogni reali della gente. Un malcontento che non sembra essere diverso da quello che si generò spesso anche nell’antica Roma. Del resto un poeta latino antico fece da fonte d’ispirazione per tanta politica Imperiale.
Giovenale asserì infatti che: “il popolo due sole cose ansiosamente desidera: pane e giochi circensi”. Cibo e svago. E oggi? Cosa chiede la gente a chi governa? Solo cibo, svago e denaro o sogna una società diversa?
Mentre saluto questi ragazzi mi domando con quale poca saggezza possiamo aver creduto alla certezza che questo sistema basato sull’economia fosse invulnerabile senza tenere conto che niente è più deleterio dello sfidare gli aspetti più bui dell’animo umano.
Gli imperatori di questa Roma antica appena finita di visitare, avevano osato sfidare i Plebei facendoli sentire infelici, impauriti o sfiduciati del futuro? Nella loro seppur tracotante ideologia di sentirsi superiori, avevano mai reso schiavi di un sistema i loro sudditi illudendoli che fosse questa la libertà e questo il migliore sistema che avessero mai potuto avere? Forse è questo il vero problema che questi giovani, inconsciamente hanno espresso. La politica e le istituzioni di oggi, non sono più completamente al servizio del cittadino perché, come prima occupazione, devono esserlo per quel complesso sistema finanziario che fa da base alla società moderna e che non tiene conto dei bisogni umani ma solo di regole di mercato.
Mentre discutiamo con il figlio più grande di questi concetti per capire a che futuro lo destiniamo, ci accorgiamo che le ore passano rapide nel capoluogo e giunge l’ora di pranzo. Speriamo di trovare un altro locale con la presenza di qualche affabile cameriere e dai prezzi abbordabili. Pranzare in pieno centro storico mi ricorda quanto, ai giorni nostri, il valore del cibo non sia affidato solo alla sua qualità, ma anche al suo costo. Cerchiamo locali popolari di gente alla buona, che serva cibo di qualità al giusto prezzo e che ci fornisca prodotti tipici locali ma in quella zona non ne troviamo. O almeno non nel tempo che ci siamo imposti per cercarlo. Molti turisti hanno già mangiato e ricominciato a girare per le vie della città quando noi ci apprestiamo a sederci a tavola.
Presto ricomincerà anche per noi il giro per la storia di Roma e ci aspetta ancora un pomeriggio di scoperte. Una buona rifocillata alle nostre membra stanche, ci sembra un ottimo modo per riprendere energie.
Comincio a viaggiare sin da giovane per capire le relazioni fra i luoghi visitati e le persone che li abitano. Dai piccoli pensieri scaturiti durante questi percorsi e lasciati su pezzi di carta, nasce la voglia di scrivere articoli più complessi e mi specializzo in storytelling di viaggio diventando membro della Scuola Italiana di Viaggio.