Il quinto giorno e’ anche il piu’ duro dell’intera discesa verso valle: causa piogge notturne, il sentiero si e’ trasformato in un mix di fango e acqua, scivoloso ed imprevedibile. La giornata di sole ha aumentato anche l’umidità, che ha raggiunto livelli da collasso.. Siccome “all’andata” questo fu’ il giorno più facile, al “ritorno” ovviamente si presenta come quello più difficile: quasi tutto in salita, con punti di forte pendenza e molto scivoloso, rende la vita difficile a tutti coloro che si aspettavano una passeggiata.
Arriviamo al campo uno attorno alle 12, in tempo per il pranzo. Avendo tutto il pomeriggio libero, molti si concedono una pennichella, in attesa che il caldo dii una tregua. Un piccolo gruppo si fa’ convincere a visitare una piantagione, con laboratorio annesso, di cocaina: si tratta di una singola persona, un artigiano per cosi’ dire, che da anni si procura da vivere, producendo piccole quantita’ di polvere bianca. Questo e’ cio’ che la nostra guida dice: a 25$ a persona, sono convinto che il suo “stipendio” provenga per la maggior parte da turisti che dalla vendita di coca.
Sono tra quelli che si fanno convincere a partecipare a questo improvvisato giro turistico, piu’ per curiosità che per altro: scopro che si tratta di un piccolo laboratorio (o dovrei dire una baracca?) in cui un’unica persona coltiva e lavora foglie di cocaina. Tre volte all’anno, questo tizio, produce un impasto di cocaina che verra’ venduto a produttori finali.
Per chi ne fosse interessato questa e’ la ricetta spartana per la realizzazione dell’impasto di coca; le misure ed il procedimento sono approssimati:
- una vasca piena di foglie essiccate di coca
- 20 litri di benzina (non so se senza piombo?)
- un cucchiaio di carbonato di calcio
- una tazza di acido solforico
- si mischia il tutto e lo si fa’ riposare per alcuni giorni
- successivamente, attraverso un panno sporco, si ri – filtra il tutto e si aggiunge un pizzico di permanganato di potassio ed una tazza di soda caustica (che probabilmente usa anche per sturare il lavandino).
- Come ultimo passaggio, si filtra il tutto un’ultima volta, ottenendo un’impasto che puzza da morire, ma vale (sembra) qualche quattrino.
Facciamo rientro al campo dopo circa un’ora e mezza; mi sento in qualche modo d’aver tradito la giungla, di essere un vero e proprio turista, che senza alcuna morale, vuole vedere e sperimentare tutto. Un’avventura mistica, d’altri tempi, alla ricerca di una citta’ perduta, che si conclude con una visita ad un laboratorio di cocaina?! poco poetico, non credete?!
Dopo una doccia rinfrescante e rigenerante, ci accingiamo a celebrare l’ultima cena: ebbene si, siamo alla conclusione di questa straordinaria avventura. Sara’ l’ultima notte in cui dormiremo in un’amaca, ascolteremo i rumori della giungla e guarderemo la luna prima di addormentarci: niente piu’ colazioni con vista mozzafiato sul verde della vallata, non vedremo piu’ gli indigeni avvicinarsi al campo per chiedere un po’ di pane, non avremo piu’ la ciudad perdida come meta del nostro viaggio.
Mi addormento con questi pensieri, un po’ triste, come sempre succede dopo aver trascorso momenti indimenticabili, ma con il morale comunque buono in quanto ci aspettano altri 6 mesi di viaggio / avventura in sud america.
Il racconto del sesto giorno nella giungla lo trovate cliccando qui
Fondatore e autore di NonSoloTuristi.it e ThinkingNomads.com.
110 nazioni visitate in 5 continenti. Negli ultimi 6 anni in viaggio per il mondo con mia moglie Felicity e le nostre due bambine. Instagram @viaggiatori