Mi sono interrogata sul perché sia più difficile delle altre volte, per me, scrivere del mio ultimo viaggio in Mauritania (tanto che ormai è passato un mese dal mio ritorno!) e la risposta che mi sono data è che si è trattato di un viaggio molto diverso dagli altri. E’ un viaggio di cui non si possono raccontare le tappe passo dopo passo perché sarebbero di scarso interesse o comunque non ci sarebbe moltissimo da dire. La Mauritania è stata “un’esperienza”, ecco perché trovare le parole è più arduo.
Innanzi tutto si tratta forse del paese meno turistico che io abbia mai visitato (viaggi con Emergency esclusi visto che certo anche la Sierra Leone e il Sudan non si possano definire tali!). I viaggiatori che abbiamo incrociato sul nostro cammino si possono davvero contare su due mani. Tanto è vero che ammetto che, quando mi chiedevano quale sarebbe stata la mia destinazione, per lo più la reazione è stata quasi sempre la stessa: “In Mauritania? Non ho mai conosciuto nessuno che ci sia stato!”.
Effettivamente anche reperire informazioni non è stato facile e i racconti sul web scarseggiavano parecchio. Voi vi chiederete cosa mi ha spinta a scegliere questa meta suppongo, e la domanda è del tutto lecita. Innanzi tutto avevo visto degli scatti che mi avevano affascinata molto e poi era da molto tempo che desideravo vivere un’esperienza immersiva nel deserto del Sahara, deserto che, fino ad allora, avevo solo sfiorato ma del quale conoscevo molto poco.
Ecco che così nasce l’idea di questo viaggio, di questa immersione nelle terre desertiche delle Mauritania. Dieci giorni di terre aride, dieci giorni di viaggi in jeep che hanno percorso ogni sorta di via impervia, dieci giorni di piccoli alberghi e tende, dieci giorni di pranzi nelle oasi e cene tra le dune o sotto tende maure.
Il deserto è stato il protagonista assoluto di questo viaggio con tutte le sue caratteristiche: egocentrico e volubile e al contempo affascinante e misterioso. Per questo non è facile scrivere di questo viaggio perché tutte queste caratteristiche lo rendono più difficile da descrivere, si entra ancora più delle altre volte nella sfera del personale e quasi nulla di ciò che io vi possa raccontare può essere definito oggettivo, ma fortemente legato ad emozioni molto soggettive.
Il 26 dicembre sera siamo atterrati nella capitale della Mauritania, Nouakchott e, nell’attraversarla in auto, mi sono subito resa conto che la sensazione non era quella di trovarsi in una grossa città: strutture per lo più basse, poche insegne e poche persone per strada. Nonostante le apparenze bisogna però considerare che, a Nouakchott, vive circa il 25% della popolazione totale della Mauritania, ovvero oltre un milione di abitanti su un totale di circa 4,5 milioni.
La città di Chinguetti
La prima tappa di questo mio viaggio è stata Chinguetti, che abbiamo raggiunto dopo un giorno attraverso il territorio desertico che la divide dalla capitale.
Il primo paesaggio che mi ha incantato è stato il passo di Amogjar, un affascinante canyon dove abbiamo sostato per il pranzo per poi raggiungere il luogo, sempre all’interno di questo canyon, nel quale si possono visitare antiche pitture rupestri, testimonianza di civiltà antiche. Sapete che sono solita essere molto schietta nei miei giudizi per cui non starò a raccontarvi che queste pitture mi hanno affascinata particolarmente. La verità però è che sono poche le pitture rupestri viste in giro per il mondo che mi hanno colpita particolarmente, quindi potrei anche giungere alla conclusione che è proprio il genere a non appassionarmi!
Nel tardo pomeriggio abbiamo raggiunto Chinguetti e, a dorso di dromedari, abbiamo raggiunto la duna più alta della cittadina per goderci il tramonto. In tutto il viaggio purtroppo non abbiamo potuto godere di tramonti indimenticabili perché, e qui introduco un altro tema, il meteo che ha accompagnato il nostro soggiorno non è stato così clemente. Chiaramente, quando scrivo questo, non sto parlando di pioggia, agente climatico completamente assente in queste zone, ma di vento che accompagna tempeste di sabbia, più o meno violente, le quali però fanno sempre sì che non si percepiscano nitidamente i colori dei paesaggi circostanti e le linee che li delimitano.
Il giorno seguente è stato interamente dedicato alla visita di Chinguetti, città costruita tra il secolo XI e il secolo XII per rispondere alle esigenze dei carovanieri che si trovavano ad attraversare il deserto del Sahara e che raggiunse il suo massimo splendore nel secolo XIII. Ancora oggi considerata una delle grandi città sante dell’Islam alla stregua della Mecca, di Medina e di Gerusalemme, nel 1996 venne anche dichiarata Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco.
Ciò che però si ritrova oggi è soltanto l’ombra di quella che poteva essere la grande città del passato. Chinguetti è un insediamento all’interno di un’oasi in eterna lotta con le impetuose sabbie del deserto. Una lingua di sabbia divide la parte nuova dalla parte vecchia che però, con il trascorrere del tempo, si somigliano sempre di più, condividendo entrambe la lotta contro due nemici: l’insabbiamento e l’oblio. Forte è la sensazione di visitare una città che lotta per restare viva, per far sì che il mondo non si dimentichi della sua esistenza.
Sensazione che ho provato anche durante la visita di una delle 12 biblioteche private presenti a Chinguetti. Nota come città di eruditi, queste biblioteche gestite da alcune famiglie locali, ospitano manoscritti risalenti anche al secolo XI. Non vi aspettate però di visitare grandi stanze con enormi scaffalature: la biblioteca di cui parlo altro non era se non una stanza all’interno di una corte della parte vecchia della città nella quale sono conservati questi importanti reperti, anch’essi in lotta per rimanere in vita. Parliamo di manoscritti estremamente preziosi, alcuni risalenti al secolo XII.
Ritengo comunque Chinguetti una tappa fondamentale per chi visita queste terre in quanto rappresentativa di un’anima comune che caratterizza tanti dei luoghi visitati dei quali vi racconterò nel mio prossimo articolo.
Vivo a Torino, città che amo profondamente, ma nonostante questo mio amore, spesso, sento l’esigenza di scappare lontano da lei per scoprire altri nuovi splendidi luoghi. Credo profondamente che anche viaggiare sia una forma d’arte e che più il viaggiatore sviluppa curiosità, fantasia e originalità, più saprà creare itinerari di viaggio meravigliosi.